martedì 17 marzo 2015

Ipazia e le altre

Ipazia e le altre

nel nome delle donne che rivendicano la propria autonomia di pensiero
                                                             

Ipazia visse ad Alessandria dal 370 al 415 d.C.. era figlia di un matematico ed astronomo, Theon, dal quale venne istruita nelle scienze naturali. Si interessò di filosofia, matematica, astronomia e ci ha lasciato importanti trattati. La sua sapienza riuscì a conquistare l’interesse degli studiosi dell’epoca che con lei e sotto la sua guida costituirono un circolo di studio dove trovavano accoglienza i vari aspetti del sapere senza pregiudizi di tipo religioso. Sia Ipazia che Theon furono gli ultimi membri non cristiani conosciuti della scuola di palazzo degli studiosi di Alessandria, ancora pagana. Questa scuola del Museion venne distrutta dai cristiani intorno al 390 e poi trasformata in chiesa. A partire dal 354, in molte parti dell’Impero Romano cristianizzato, il fanatismo religioso si era rivolto contro il luoghi del sapere, ed erano state bruciate le biblioteche con l’obiettivo di distruggere la cultura pagana. Il progetto cristiano era rivolto contro la scienza ellenica vista come un ostacolo all’affermarsi della nuova religione. Bisognava eliminare le prove di tanta sapienza perché chi venisse dopo non potesse sapere.[1]
Ad Alessandria intorno al 375 nacque anche Cirillo che salì al seggio episcopale nel 412; egli cercò l’alleanza del prefetto imperiale Oreste che invece non era molto propenso a schierarsi dalla parte dei cristiani, mentre nutriva una grande ammirazione per Ipazia.
Ipazia godeva di ampio seguito non solo tra gli studiosi, conosceva personalmente il prefetto romano Oreste e ne frequentava abitualmente la casa e il suo prestigio si era enormemente diffuso suscitando l’invidia dei suoi avversari.

Nel mese di marzo del 415 Ipazia venne prese di mira dai seguaci di Cirillo e fu brutalmente aggredita e linciata. Nelle sue annotazioni Socrate Scolastico[2] (teologo, avvocato e storico della Chiesa dell’Impero Romano d’Oriente) commenta così la vicenda:
“Tiratala giù dal carro la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome di Cesario, qui la denudarono e la massacrarono a colpi di tegole , quindi la tagliarono a pezzi e ne bruciarono i miserabili resti.”

Alcuni studiosi hanno potuto verificare la particolare analogia della figura di Ipazia con quella di Santa Caterina di Alessandria[3] - Alessandria d’Egitto 287/305 – ipotizzando che possa trattarsi  della stessa persona o meglio che Santa Caterina di Alessandria di cui non abbiamo documentazione storica, come invece esiste di Ipazia, sia la sua versione cristianizzata Della vita di questa Santa, oltre all’incerta data di nascita e al fatto che fu  sottoposta a martirio ad Alessandria d’Egitto nel 305 circa, si sa poco ed è difficile distinguere la realtà storica dai racconti popolari. Si dice che Caterina fosse una bella giovane egiziana, la Leggenda Aurea precisa che era figlia di re e istruita fin dall’infanzia nelle arti liberali. Nel 305 un imperatore romano tenne grandi celebrazioni ad Alessandria e sembra che Caterina che si trovava presente ai festeggiamenti mentre si stavano facendo sacrifici di animali si rifiutasse di partecipare a tali rituali. L’imperatore che secondo la Leggenda Aurea sarebbe stato colpito dalla bellezza e dalla cultura della giovane nobile convocò un gruppo di retori affinché la convincessero ad onorare gli dei. Ma per l’eloquenza di Caterina tale tentativo andò fallito e addirittura quei sapienti si convertirono. Ma chi era questa donna di cui si dice che intellettualmente nessuno potesse elevarsi alla sua altezza? Ciò che sappiamo è che per la sua sapienza venne elevata a patrona delle arti liberali e della filosofia  e la sua immagine si trova anche sul sigillo della università parigina della Sorbona .
Si dice[1] che a seguito di scavi nei sotterranei della fortezza medievale di Gisors in Nomandia sia stata scoperta la Cappella di Santa Caterina, a cui  si fa riferimento in un manoscritto dell'anno 1375 custodito negli Archivi Nazionali della città normanna. Un rapporto del governatore del castello di Gisors parla dell'esistenza di stanze sotterranee e di questa cappella. L'immagine di Caterina spesso viene rappresentata con i simboli delle ruote cari ai cavalieri Templari che rappresentano lo scorrere del tempo. Ad avviso degli studiosi  Lammer e Boudjada nella identità di Caterina di potrebbe celare quella di Ipazia; essi si domandano infatti se i cavalieri iniziati dell’ordine dei Templari conoscessero la vicenda di Ipazia di Alessandria e per mascherare la sua storia avessero scelto di identificarla in Santa Caterina, adottando una versione cristiana, che rappresenta però allo stesso modo saggezza e dolore. Ma anche di questo non ci sono testimonianze concrete e si tratta di supposizioni, di ipotesi. 


Parla della storia di Santa Caterina nel  suo libro “La città delle dame”, scritto nel 1405, anche Christine de Pizan[5] . Christine, di origini italiane,  – 1365 ca./1430 ca – scrittrice di grande creatività, fu attiva alla corte di Francia, tra le figure più interessanti del panorama letterario francese tra il XIV e il XV sec. Nel suo libro delinea una sorta di città fortificata abitata da donne illustri – regine, poetesse, indovine, scienziate, sante. Tra esse c’è Santa Caterina figlia del re Costa di Alessandria, sapiente ed esperta nelle scienze. Ella, venuta a conoscenza che l’imperatore Massenzio stava per compiere un sacrificio, subito si recò al palazzo imperiale per convincerlo a rivedere questo suo comportamento. Massenzio colpito dalla sua bellezza cercò di blandirla  ma poi visto che non otteneva alcun risultato la fece imprigionare sperando di convincerla con la prigionia e con la fame; ma ancora una volta Caterina non si piegò. Allora l’imperatore ordinò che fosse preparata una macchina di tortura a cui venisse legata per essere dilaniata dalle ruote taglienti. La moglie dell’imperatore impressionata dal coraggio e dalla integrità morale della giovane si recò alla prigione chiedendole di pregare per lei. Massenzio informato della cosa ordinò allora  che sua moglie fosse messa sotto tortura facendole strappare i seni. Poi chiese a Caterina di diventare sua sposa.
Caterina ancora non si piegò e Massenzio diede ordine di decapitarla. Christine de Pizan racconta che gli angeli presero il suo santo corpo e lo portarono sul monte Sinai dove lo seppellirono.

Tra storia e leggenda l’immagine della donna sapiente, coraggiosa, ha attraversato i secoli per giungere sino a noi. La De Pizan che fu una intellettuale di grande valore e donna coraggiosa che seppe far fronte agli ostacoli che la vita le presentò, condanna fermamente i diffamatori delle donne, contro una tradizione maschile e misogina che ha impedito l’affermarsi di una  tradizione letteraria femminile:
Ma se le donne avessero scritto i libri/so per certo sarebbe stato diverso,/poiché ben sanno che a torto sono accusate/così le parti non sono divise equamente,/poiché i più forti  prendono la parte più grande/e chi divide tiene quella migliore per sé”[6]

Ma se oggi possiamo valutare con soddisfazione i risultati raggiunti e la parità conquistata, volgendo però lo sguardo non molto lontano da noi vediamo che nessun progresso c’è stato, anzi  quasi un ritorno all’indietro, ad un oscuro passato in cui la donna è ancorata a retaggi culturali che la vogliono soggiogata e totalmente dipendente dal maschio. La parità del mondo “occidentale” è comunque una conquista recente e l’indipendenza, l’emancipazione intellettuale spesso ancora un sogno irrealizzabile vista la mancanza delle condizioni concrete, al di là della conquista dei diritti civili e politici.  Così Virginia Woolf nel 1928 nel commentare quanto sia difficile per chi pratica il mestiere di  scrittore riuscire ad elaborare il pensiero e mettere per scritto le idee,  sottolinea che per la donna gli ostacoli sono di ben altro livello che per l’uomo:
Ma per la donna, pensavo, guardando gli scaffali vuoti, queste difficoltà erano infinitamente più grandi. In primo luogo avere una stanza tutta per sé, e non diciamo una stanza tranquilla o a prova di rumori, era completamente impossibile, a meno che i suoi genitori fossero eccezionalmente ricchi o molto nobili, perfino agli inizi del Novecento”[7] 

E poi con riferimento alla sorella di Shakespeare da non ricercarsi nelle biografie e che morì senza scrivere una parola, chiude infine con un messaggio di speranza:

“Poiché io credo che se viviamo ancora un alto secolo … se riusciamo ad avere cinquecento sterline l’anno, ognuna di noi, e una stanza propria; se abbiamo l’abitudine della libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo; se usciamo un attimo dalla stanza di soggiorno … se …  allora si presenterà finalmente l’opportunità e quella poetessa di Shakespeare, ritornerà al corpo del quale tante volte ha dovuto spogliarsi”[8]

Paola Ceccotti







[1] vedi: http://www.lavocedellisola.it/2011/10/09/hypatia-di-alessandria-la-prima-donna-scienziato-vittima-dellintolleranza-religiosa/
[2] Socrate Scolastico – Costantinopoli 380 circa 440 circa – fu un teologo, avvocato e storico della chiesa dell’Impero Romano d’Oriente; la sua opera storica è la Storia Ecclesiastica in sette libri

[3]Helmut Lammer, Mohammed Y. Boudjada. Enigmi di pietra. I misteri degli edifici medievali, Ed. Arkeios, 2005 

[4] ivi
[5] Christine de Pizan, La Città delle dame, Carocci ed., 2010
[6] Christine de Pizan, Epistre ai Dieu d’Amours, ed. Carocci
[7] Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, ed. Feltrinelli
[8] Ivi

Santa Giulia patrona di Livorno



Le narrazioni su Santa Giulia poggiano su racconti orali e scritti che sostanzialmente si rifanno a due diverse fonti: la leggenda di origine benedettina e la tradizione corsa. 

Negli “Annali Istorici del Monastero di S. Salvatore e S. Giulia di Brescia” della  Abbadessa D. Angelica Baitelli oltre alle carte di archivio del Monastero[1] si trova un documento sulla vita di Santa Giulia di Giambatista Guadagnini Arciprete di Cividate.
Il Guadagnini sulla base dell’analisi dei testi e dei riferimenti storici colloca la vicenda della Santa al tempo della presa di Cartagine fatta dai vandali nel 439, discordandosi dalla interpretazione avanzata da P. Papebrochio per cui la datazione sarebbe posteriore facendo riferimento alla presa di Cartagine da parte dei saraceni. A supporto della sua ricostruzione a favore della nascita della Santa a Cartagine, Guadagnini cita la “Persecuzione vandalica” di Vittore Vitense, illustrata con note da Padre Don Federico Ruinart benedettino francese, dove alle pagine 219 e segg. si narra la Passione di Santa Giulia ricavata da un Codice manoscritto dell’Archimonastero di San Remigio di Reims,  collazionata con altri codici. 
Secondo questo racconto la vergine nativa di Cartagine venne fatta schiava in seguito alla irruzione dei vandali e venduta a un mercante pagano di nome Eusebio che la condusse con sé in oriente quando la giovinetta aveva circa diciotto o vent’anni. Pur non abbandonando mai la sua fede cristiana ella servì diligentemente e  fedelmente il suo padrone  che per questo si dimostrò mite verso di lei. Un giorno Eusebio mentre era in viaggio con la nave carica di merce verso Marsiglia ebbe l’idea di fare una sosta nell’isola di Corsica, dove un gruppo di pagani  fra cui un certo Felice stava facendo sacrifici idolatri. Per punire la giovane che si era rifiutata di partecipare a quei riti Felice, approfittando del fatto che Eusebio dormiva sotto l’effetto del vino, e forse in seguito ad un rifiuto, ordinò che venisse flagellata e crocifissa. Sembra che i monaci di Gorgona avendo saputo dagli angeli della morte della giovane accorsero con una loro imbarcazione per togliere dal patibolo il corpo e portarlo al loro Monastero. Nel viaggio di ritorno si incontrarono con una nave di monaci dell’isola di Capraia che informati dell’accaduto chiesero e ottennero una parte di reliquia  che si pensa consistette in frammenti di lino inzuppato nel sangue recente della martire. Giunti in Gorgona i monaci profumarono il corpo con aromi e lo deposero in un monumento e il 22 maggio ne seguì la sepoltura. Il corpo di Santa Giulia restò nella chiesa del Monastero di Gorgona fino all’anno 762 – 763 quando a seguito dei miracoli che si raccontavano  venne trasferito a Brescia dove Desiderio, in procinto di divenire re, aveva fondato un Monastero che poi prese il nome della Santa.
Risultati immagini per santa giulia livornoAltre fonti indicano in Corsica il luogo di nascita. Giacomo Simidei[2] racconta che Giulia nacque a Nonza da illustri progenitori, crescendo in santità. Presentata al “Barbaro Presidente” per essere interrogata sulla sua fede non ebbe timore nel confermare la fedeltà a Gesù Cristo. Il Barbaro prima iniziò a schernirla, poi resosi conto che non l’avrebbe mai piegata al suo volere ordinò che fosse percossa e flagellata e quindi appesa per i capelli ad un albero. Ma vedendo che il popolo tumultuava ordinò che venisse trasportata in un luogo più solitario, lo stesso dove attualmente, dice l’autore, due perenne fonti si trovano verso Levante in Nonza; qui fece piantare un patibolo fatto con un tronco d’albero. Squarciate le vene, il corpo si inondò di sangue ma il barbaro non ancora contento comandò che le lacerassero le membra e le strappassero le mammelle, e siccome la giovane non cessava di manifestare la sua fede fece innalzare una croce  dove venne crocifissa, nello stesso luogo dove oggi si trova la  chiesa parrocchiale. Stremata infine, la martire spirò lodando il Signore. Era l’anno 304 imperando Diocleziano e Massimiano. Partito il Barbaro Tiranno, i cristiani nella notte la deposero dalla croce e la seppellirono. Molto tempo dopo il corpo venne diseppellito dal Cimitero di Santa Caterina e trasportato nella città di Brescia, era secondo il testo l’anno 759. Simidei nega così le interpretazioni che vogliono Giulia nata a Cartagine, assumendo come vera quella di R. P. Salvatore Vitale; per cui non già il tiranno di Santa Giulia fu “Felice Vandalo Arriano”  bensì “Barbaro Gentile Idolatra Presidente Romano”.  
Il Vitale[3] da parte sua ci dice che molte sono Sante Giulie e Vergini e Martiri; la prima è naturale di Cartagine come recita il Martirologio, poi Santa Giulia di Portogallo, Santa Giulia di Saragozza di Spagna, Santa Giulia di Tebaida. Altra è la Santa Giulia della Corsica di cui parla nel suo libretto Cristoforo Lauro. Ad ogni modo sia nella versione che la vuole nativa di Cartagine che in quella che ritiene fosse nata in Corsica, il corpo sarebbe stato traslato a Livorno, per essere portato a Brescia e da questo evento sarebbe nato il culto della Santa anche dalle nostre parti.
Porto Pisano - da Wikipedia
                                                               

La più antica testimonianza di devozione nel territorio livornese sembra essere stata la Pieve di Santa Giulia di Porto Pisano, come ricorda la lapide posta in via S. Barbara – via Grande. Le cui prime memorie risalgono al sec. IX, “avvegnaché a quell’epoca troviamo nominata nelle piviere di Porto Pisano la chiesa di Santa Giulia, cioè la prima parrocchia dei Livornesi[4], di cui nel 1017 quando viene innalzata all’onore battesimale si trova detto nei documenti: “suprascripto Porto pisano prope Livorna, cioè compresa nella giurisdizione di Porto pisano[5]. E lo è ancora nel 1361[6] come testimoniano le fonti, non essendo a quella data ancora stata incorporata nella Pieve di Santa Maria; questa, la cui antichità pare anteriore al 1200, si trovava nella piazzetta in faccia alla Fortezza Vecchia ed era la Pieve antica di Livorno. Aveva vicino il Cimitero, l’abitazione del Pievano e la Confraternita del Sacramento che viene fatta risalire intorno al 1264. Tali costruzioni vennero demolite quando una parte della piazza fu tagliata “per fare il fosso, onde porre la prima volta in acqua la suddetta fortezza che prima era unita alla terra ferma[7]. In base agli studi su antichi deliberazioni, contratti, documenti di donazioni, sembra che l’unione della Pieve di Santa Giulia di Porto Pisano in Santa Maria di Livorno, che prenderà poi il nome di Santa Giulia, sia avvenuta nel 1410-1411[8]. In seguito la Confraternita del Sacramento si congiunse alla Confraternita Nuova di Santa Giulia. Dal 1521 al 1525 venne fabbricata la Chiesina detta di Santa Giulina  e successivamente sotto il Regno di Ferdinando I il 22 maggio 1602 venne gettata la prima pietra di quella che ancora oggi resta alla devozione dei fedeli.

Pare che Giulia divenisse protettrice di Livorno dopo il “miracolo del quadro”. Era stata commissionata in Pisa da alcuni devoti di Corsica una tavola raffigurante la Santa che doveva essere imbarcata a Livorno per essere esposta in una chiesa in Corsica.  Ma giunto il giorno della partenza nonostante il mare fosse tranquillo, il cielo sereno, l’imbarcazione non riuscì a discostarsi dalla riva. Il fatto venne considerato come un segno soprannaturale e comunicato al Pievano questi dispose la collocazione  del dipinto su un altare della Pieve, finché la Confraternita non ebbe modo di edificare la prima Chiesina di S. Giulina dove stette fino al 1603 quando fu trasportata nella nuova chiesa. Di questo miracolo, come quello dell’acqua miracolosa portata dalla Corsica nel 1609 che diede la salute alla giovane figlia del “Provisore”,  non si hanno però notizie e riferimenti certi in altri documenti, neanche nell’antico Breviario delle Monache di Santa Giulia, ma viene riferito dal Magri e dal Lauro. L’immagine della Santa resta così sospesa tra leggenda e sentimento religioso; ma i dati storici non sono così determinanti nel disegnare l’identità della Santa che trova la sua autenticità nel culto ultracentenario che i fedeli e nel nostro particolare il popolo livornese le ha sempre manifestato appellandosi alla sua pietosa protezione.  

Paola Ceccotti



Lapide posta in via Santa Barbara

 




FRONTEGGIAVA QUESTO PALAZZO-UNICA NELLA POPOLARE VIA GRANDE
LA CHIESA DELLA MISERICORDIA-GIÀ DI SANTA BARBARA
E PRIMA ANCORA DUOMO DESIGNATO DELLA NUOVA AMPIA LIVORNO MEDICEA
ELEVATO SU RESTI PRESUMIBILMENTE APPARTENUTI ALLA MEMORATA
PIEVE MATRICE DI SANTA GIULIA DI PORTO PISANO
ANTICA TRADIZIONE E INDAGINE URBANISTICA AVVERTONO CHE QUI VICINO AL FAMOSO SCALO DELLA LAGUNA PISANA
ERA IL TREBBIO DI ALDULE DONDE SI DIRAMAVANO LE VIE PER PISA ROMA E LA CALA DI LIBURNA E LIVORNA
QUIVI SAREBBE SORTA-FORSE SUL POSTO DEL SOVENTE CITATO TEMPIO D'ERCOLE E SOTTO IL TITOLO DI S.MARIA
LA PRIMA CHIESA DELLA NOSTRA TERRA CHE DOPO LA TRASLAZIONE DEL CORPO DELLA PATRONA DALLA GORGONA A BRESCIA
-OPERATA DA RE DESIDERIO DEI LONGOBARDI INTORNO ALL'ANNO 762-TROVIAMO NOMINATA S.GIULIA DI TREBIALDULE
IN ESSA ADELCHI AVREBBE IMPLORATO PROTEZIONE DA QUI SALPANDO ESULE PER COSTANTINOPOLI
NEL 1286 LA PIEVE E IL PIVIERE DI PORTO PISANO ANDARONO DEVASTATI DALLE MILIZIE DI CARLO D'ANGIO
SUI CITATI RESTI IL GRANDUCA FRANCESCO DEI MEDICI-IL 18 GIUGNO 1581- PRESE A ELEVARE UNA PIÙ AMPIA COSTRUZIONE
PERCHE' SERVISSE DA DUOMO ALLA RINASCIMENTALE "CITTA' IDEALE" FONDATA IL 28 MARZO 1577 SU PIANO DEL BUONTALENTI
ALLINEANTE SUKLLA CHIESA QUELLA CHE E' TUTTORA LA MAGGIOR VIA CITTADINA
SORTO -CON LA PIAZZA GRANDE- NEL 1595 -L'ATTUALE DUOMO "A FUNDAMENTIS" LA CHIESA RICORDATA PASSO ALLACHE HA LASCIATO IL NOME A QUESTA STRADA E -NEL 1780- COME DETTO -ALL'ARCICONFRATERNITA DELLA MISERICORDIA
FINCHE' COLPITA DALLA GUERRA NEL 1944 SCOMPARVE DEL TUTTO NEL 1953
PONEVASI QUESTO RICORDO IL 2 MAGGIO 1962 -NELLO STESSO GIORNO DI ACCOMIATAVA DALLA DIOCESI
IL VESCOVO S.E.MONS. ANFREA PANCRAZIO - PROMOSSO ARFCIVESCOVO DI GORIZIA - PER LA CUI INIZIATIVA FU ERETTO NELLA CATTEDRALE
L'ALTARE PER ACCOGLIERE LE RELIQUIE DELLA SANTA PATRONA RITORNATI DOPO DODICI SECOLI
  














[1]Annali Istorici dell’edificazione erezione e dotazione del serenissimo Monastero di S.Salvatore e S. Giulia di Brescia”, contengono:  il catalogo delle SS. Reliquie, tutti i privilegi concessi dai Sommi Pontefici  ecc. , di  Donna Angelica Baitelli; aggiuntavi la Vita di S. Giulia, in Brescia. 1794, dalle Stampe Bendiscioli
[2] D. Giacomo Simidei, “Compendio della storia degli Eresiarchi con la descrizione del Regno di Corsica”, 1787, in Napoli
[3] R. P. F. Salvatore Vitale, Cronica Sacra Santuario di Corsica, Nel quale si tratta della vita e martirio della Gloriosa Vergine e Martire santa Giulia di Nonza, naturale della detta isola, in Fiorenza, Stamperia nuova d’Amador  Maffi e Lorenzo Landi, 1639
[4]Dizionario Geografico Fisico storico della Toscana”, vol 2°, E. Repetti, Firenze, 1935, Ed. A. Tofani, pag. 536
[5] ibidem
[6]Stato antico e moderno ovvero origine di Livorno in Toscana” di N. Magri al presente fornito da F. Agostino Santelli di apologetiche ecc., Tomo I, in Firenze MDCCLXIX, Stamperia G. Cambiagi ; in ristampa fotomeccanica, Bologna, ed. Forni, 1967, pag. 318
[7] Ivi, pag. 314
[8] Ivi. Pag. 319 e segg.