Ipazia e le altre
nel nome delle donne
che rivendicano la propria autonomia di pensiero
Ipazia visse ad Alessandria dal 370 al 415 d.C.. era figlia di un
matematico ed astronomo, Theon, dal quale venne istruita nelle scienze naturali.
Si interessò di filosofia, matematica, astronomia e ci ha lasciato importanti
trattati. La sua sapienza riuscì a conquistare l’interesse degli studiosi
dell’epoca che con lei e sotto la sua guida costituirono un circolo di studio
dove trovavano accoglienza i vari aspetti del sapere senza pregiudizi di tipo
religioso. Sia Ipazia che Theon furono gli ultimi membri non cristiani
conosciuti della scuola di palazzo degli studiosi di Alessandria, ancora
pagana. Questa scuola del Museion venne distrutta dai cristiani intorno al 390
e poi trasformata in chiesa. A partire dal 354, in
molte parti dell’Impero Romano cristianizzato, il fanatismo religioso si era
rivolto contro il luoghi del sapere, ed erano state bruciate le biblioteche con
l’obiettivo di distruggere la cultura pagana. Il progetto cristiano era rivolto
contro la scienza ellenica vista come un ostacolo all’affermarsi della nuova
religione. Bisognava eliminare le prove di tanta sapienza perché chi venisse
dopo non potesse sapere.[1]
Ad
Alessandria intorno al 375 nacque anche Cirillo che salì al seggio episcopale
nel 412; egli cercò l’alleanza del prefetto imperiale Oreste che invece non era
molto propenso a schierarsi dalla parte dei cristiani, mentre nutriva una
grande ammirazione per Ipazia.
Ipazia godeva di ampio seguito non
solo tra gli studiosi, conosceva personalmente il prefetto romano Oreste e ne
frequentava abitualmente la casa e il suo prestigio si era enormemente diffuso
suscitando l’invidia dei suoi avversari.
Nel mese di marzo del 415 Ipazia
venne prese di mira dai seguaci di Cirillo e fu brutalmente aggredita e
linciata. Nelle sue annotazioni Socrate Scolastico[2]
(teologo, avvocato e storico della Chiesa dell’Impero Romano d’Oriente)
commenta così la vicenda:
“Tiratala giù dal carro la trascinarono fino alla chiesa che prendeva
il nome di Cesario, qui la denudarono e la massacrarono a colpi di tegole ,
quindi la tagliarono a pezzi e ne bruciarono i miserabili resti.”
Alcuni studiosi hanno potuto verificare
la particolare analogia della figura di Ipazia con quella di Santa Caterina di Alessandria[3] -
Alessandria d’Egitto 287/305 – ipotizzando che possa trattarsi della stessa persona o meglio che Santa
Caterina di Alessandria di cui non abbiamo documentazione storica, come invece
esiste di Ipazia, sia la sua versione cristianizzata Della vita di questa
Santa, oltre all’incerta data di nascita e al fatto che fu sottoposta a martirio ad Alessandria d’Egitto
nel 305 circa, si sa poco ed è difficile distinguere la realtà storica dai
racconti popolari. Si dice che Caterina fosse una bella giovane egiziana, la
Leggenda Aurea precisa che era figlia di re e istruita fin dall’infanzia nelle
arti liberali. Nel 305 un imperatore romano tenne grandi celebrazioni ad
Alessandria e sembra che Caterina che si trovava presente ai festeggiamenti
mentre si stavano facendo sacrifici di animali si rifiutasse di partecipare a
tali rituali. L’imperatore che secondo la Leggenda Aurea sarebbe stato colpito
dalla bellezza e dalla cultura della giovane nobile convocò un gruppo di retori
affinché la convincessero ad onorare gli dei. Ma per l’eloquenza di Caterina
tale tentativo andò fallito e addirittura quei sapienti si convertirono. Ma chi
era questa donna di cui si dice che intellettualmente nessuno potesse elevarsi
alla sua altezza? Ciò che sappiamo è che per la sua sapienza venne elevata a patrona
delle arti liberali e della filosofia e la
sua immagine si trova anche sul sigillo della università parigina della Sorbona
.
Si dice[1]
che a seguito di scavi nei sotterranei della fortezza medievale di Gisors in
Nomandia sia stata scoperta la Cappella di Santa Caterina, a cui si fa
riferimento in un manoscritto dell'anno 1375 custodito negli Archivi Nazionali
della città normanna. Un rapporto del governatore del castello di Gisors parla
dell'esistenza di stanze sotterranee e di questa cappella. L'immagine di
Caterina spesso viene rappresentata con i simboli delle ruote cari ai cavalieri
Templari che rappresentano lo scorrere del tempo. Ad avviso degli
studiosi Lammer e Boudjada
nella identità di Caterina di potrebbe celare quella di Ipazia; essi si
domandano infatti se i cavalieri iniziati dell’ordine dei Templari conoscessero
la vicenda di Ipazia di Alessandria e per mascherare la sua storia avessero
scelto di identificarla in Santa Caterina, adottando una versione cristiana,
che rappresenta però allo stesso modo saggezza e dolore. Ma anche di questo non
ci sono testimonianze concrete e si tratta di supposizioni, di ipotesi.
Parla della storia di Santa
Caterina nel suo libro “La città delle dame”, scritto nel 1405, anche
Christine de Pizan[5] .
Christine, di origini italiane, – 1365
ca./1430 ca – scrittrice di grande creatività, fu attiva alla corte di Francia,
tra le figure più interessanti del panorama letterario francese tra il XIV e il
XV sec. Nel suo libro delinea una sorta di città fortificata abitata da donne
illustri – regine, poetesse, indovine, scienziate, sante. Tra esse c’è Santa
Caterina figlia del re Costa di Alessandria, sapiente ed esperta nelle scienze.
Ella, venuta a conoscenza che l’imperatore Massenzio stava per compiere un
sacrificio, subito si recò al palazzo imperiale per convincerlo a rivedere
questo suo comportamento. Massenzio colpito dalla sua bellezza cercò di
blandirla ma poi visto che non otteneva alcun
risultato la fece imprigionare sperando di convincerla con la prigionia e con
la fame; ma ancora una volta Caterina non si piegò. Allora l’imperatore ordinò
che fosse preparata una macchina di tortura a cui venisse legata per essere
dilaniata dalle ruote taglienti. La moglie dell’imperatore impressionata dal
coraggio e dalla integrità morale della giovane si recò alla prigione
chiedendole di pregare per lei. Massenzio informato della cosa ordinò allora che sua moglie fosse messa sotto tortura facendole
strappare i seni. Poi chiese a Caterina di diventare sua sposa.
Caterina ancora non si piegò e
Massenzio diede ordine di decapitarla. Christine de Pizan racconta che gli
angeli presero il suo santo corpo e lo portarono sul monte Sinai dove lo
seppellirono.
Tra storia e
leggenda l’immagine della donna sapiente, coraggiosa, ha attraversato i secoli
per giungere sino a noi. La De Pizan che fu una intellettuale di grande valore
e donna coraggiosa che seppe far fronte agli ostacoli che la vita le presentò, condanna
fermamente i diffamatori delle donne, contro una tradizione maschile e misogina
che ha impedito l’affermarsi di una tradizione letteraria femminile:
“Ma se le donne avessero scritto i libri/so per certo sarebbe stato
diverso,/poiché ben sanno che a torto sono accusate/così le parti non sono
divise equamente,/poiché i più forti
prendono la parte più grande/e chi divide tiene quella migliore per sé”[6]
Ma se oggi possiamo valutare con
soddisfazione i risultati raggiunti e la parità conquistata, volgendo però lo
sguardo non molto lontano da noi vediamo che nessun progresso c’è stato, anzi quasi un ritorno all’indietro, ad un oscuro
passato in cui la donna è ancorata a retaggi culturali che la vogliono
soggiogata e totalmente dipendente dal maschio. La parità del mondo
“occidentale” è comunque una conquista recente e l’indipendenza,
l’emancipazione intellettuale spesso ancora un sogno irrealizzabile vista la
mancanza delle condizioni concrete, al di là della conquista dei diritti civili
e politici. Così Virginia Woolf nel 1928 nel commentare quanto sia difficile per chi
pratica il mestiere di scrittore riuscire
ad elaborare il pensiero e mettere per scritto le idee, sottolinea che per la donna gli ostacoli sono di
ben altro livello che per l’uomo:
“Ma per la donna, pensavo, guardando gli scaffali vuoti, queste
difficoltà erano infinitamente più grandi. In primo luogo avere una stanza
tutta per sé, e non diciamo una stanza tranquilla o a prova di rumori, era
completamente impossibile, a meno che i suoi genitori fossero eccezionalmente
ricchi o molto nobili, perfino agli inizi del Novecento”[7]
E poi con riferimento alla sorella di Shakespeare da non ricercarsi
nelle biografie e che morì senza scrivere una parola, chiude infine con un
messaggio di speranza:
“Poiché io credo che se viviamo ancora un alto secolo … se riusciamo ad
avere cinquecento sterline l’anno, ognuna di noi, e una stanza propria; se
abbiamo l’abitudine della libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che
pensiamo; se usciamo un attimo dalla stanza di soggiorno … se … allora si presenterà finalmente l’opportunità
e quella poetessa di Shakespeare, ritornerà al corpo del quale tante volte ha
dovuto spogliarsi”[8]
Paola Ceccotti
[1] vedi: http://www.lavocedellisola.it/2011/10/09/hypatia-di-alessandria-la-prima-donna-scienziato-vittima-dellintolleranza-religiosa/
[2] Socrate Scolastico –
Costantinopoli 380 circa 440 circa – fu un teologo, avvocato e storico della
chiesa dell’Impero Romano d’Oriente; la sua opera storica è la Storia
Ecclesiastica in sette libri
[3]Helmut Lammer, Mohammed Y. Boudjada. Enigmi di pietra. I misteri degli edifici medievali, Ed. Arkeios, 2005
[4] ivi
[5] Christine de Pizan, La Città delle dame, Carocci ed., 2010
[6] Christine de Pizan, Epistre ai Dieu d’Amours, ed. Carocci
[7] Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, ed. Feltrinelli
[8] Ivi