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http://www.14-18.it/manifesti |
La prima guerra
mondiale rappresentò una cesura nella storia europea, l’irruzione del nuovo,
del moderno della tecnologia insieme alla esplosione di atavici impulsi
distruttivi.
Tutto ciò provocò il
sovvertimento di strutture tradizionali e l’insorgere di nuovi modelli.
Nell'orizzonte
femminile la guerra comportò l’emancipazione dagli stereotipi
moglie-madre-famiglia sia con l’impiego in attività lavorative in fabbrica e
nei campi sia con l’impegno in quelle di supporto assistenziale.
Al
momento dell’entrata in guerra il Consiglio Nazionale delle donne italiane
venne scelto come organizzatore della difesa civile nell'ambito della
organizzazione assistenziale per il sostegno del morale della popolazione. A
seguito di questa occupazione il CNDI si caratterizzò sempre più come un
organismo patriottico, anche per l’influenza esercitata al suo interno da
quelle attiviste che dal 1914 avevano creato un Comitato femminile per
l’intervento italiano. Tra queste c’erano ex femministe come Teresa
Labriola, ex socialiste come Regina Teruzzi e Margherita Sarfatti, e anarchiche
come Maria Rigyer, che avrebbero poi aderito al fascismo.
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http://libnat.it/ |
La livornese Anna
Franchi, traduttrice, giornalista, vicina alla posizioni di sinistra di
inizio secolo, che già si batte per i diritti civili e chiede con forza il
divorzio, in ragione anche della sua condizione familiare, entrando
con decisione nel dibattito con un romanzo dal titolo "Avanti il
divorzio"(1902), il saggio "Il divorzio e la donna" (1902), e
ancora con il suo contributo nella conferenza intitolata "Divorzio"
tenutasi alla Università popolare di Parma nel 1903, è fortemente impegnata a
sostenere le tesi interventiste.
Le
manifestazioni contro gli Austriaci la vedono presente con il figlio Gino, e
nel 1915 pubblica con Treves "Le città sorelle" in cui, sostenuta dal
suo acceso irredentismo, racconta la storia antica e moderna delle città
sorelle, ovvero delle città irredente, condanna il popolo germanico «avverso ad
ogni libertà» e giustifica la guerra «per disperdere la barbarie» e non
lasciar morire le belle tradizioni latine (in www. interculturalita.it,
N. Soglia).
La
sua fede nella liberazione finale delle città sorelle sarà incrollabile e
l'arruolamento come volontari dei figli Gino e Ivo sarà la realizzazione di
un'idea di nuovo risorgimento della Patria.
Quando
il figlio Gino, tenente, muore alla testa della propria compagnia sul S.
Gabriele il 2 settembre del 1917, riesce a coniugare e superare il dolore come
madre nel supremo dolore della Patria stessa. Pubblica per Treves "Il
figlio alla guerra", una raccolta delle conferenze tenute nell'Aula Magna
del reale Conservatorio di Milano e istituisce, insieme a Angelina e
Norina Biasoli, in nome delle madri colpite come lei dalla perdita del
figlio la Lega dell'Assistenza delle madri dei caduti.
http://valsuganaww1.altervista.org/
La
nazione in guerra richiese l’intervento delle donne per fronteggiare la crisi
della mobilitazione, il loro sostegno si differenziò secondo la classe sociale
di appartenenza. Le borghesi attive soprattutto in opere assistenziali e
umanitarie in una opera di maternage di massa, furono infermiere, madrine di
guerre; le lavoratrici del ceto medio e del popolo soprattutto nei servizi e
nella produzione, la donna divenne
tramviera, postina, telefonista, impiegata – come ricorda Isnenghi – dopo
essere già maestra.
Le
prime impegnate a rendersi utili con opere di beneficenza; si dice che furono
confezionati a migliaia di guanti, passamontagna, calze e maglia di lana,
quella ruvida filata a mano con la persuasione che fosse più calda e adatta
agli uomini al fronte. E per i figli delle donne più povere che dovevano
lavorare furono improvvisati nidi per lattanti, asili e ricreatori per i più
grandi.
Il
primo conflitto mondiale agì come strumento di modifica sociale, le donne
andarono a sostituire la manodopera maschile e cominciarono a lavorare nelle
officine e in agricoltura sostituendosi agli uomini.
Venne data esecuzione
ad un programma produttivo che prevedeva la sostituzione del lavoro
maschile con quello delle donne e dei ragazzi non in età di leva, organizzando
corsi di apprendistato, vennero istituite anche scuole femminili per la
specializzazione in torneria. [1]
Durante la guerra, la crisi economica fu un fenomeno europeo.
Nel 1917 si verificarono scioperi spontanei, agitazioni operaie per i
minori salari e l’aumento del costo della vita; nei giorni 22-26 agosto a
Torino scoppiarono sommosse popolari poi represse da reparti alpini, che
spararono sui civili, con decine i morti.
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Le contadine inurbate, decine di migliaia di donne e ragazze molto giovani che arrivano per la prima volta in fabbrica sconvolgono l’immaginario maschile, rappresentano nella loro concretezza al tempo stesso la presenza e la lacerazione tra due mondi distanti quello contadino e quello della fabbrica; “presenza imprevista e difforme di manodopera industrialmente analfabeta capace con la sua anomalia di dare impaccio sia alle norme padronali sia a quelle operaie. Le nuove venute danno il nerbo e il tono alle manifestazioni per il caroviveri, inedita folla vociferante per le strade, più difficile da contenere che le dimostrazioni maschili del tempo di pace”. [3]
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http://www.grandeguerra.rai.it/ |
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L’immagine
della donna proposta dalla propaganda durante il conflitto privilegia la figura
della moglie del soldato che attende il suo ritorno attorniata da uno stuolo di
bambini all'interno delle rassicuranti pareti domestiche, mentre ad
altre donne vengono assegnate le funzioni erotiche, in luoghi
appositamente istituiti, controllati e organizzati sulla base di prescritte
norme, con la realizzazione di "una ragnatela di postriboli militari"
nella zona di guerra, e la relativa "legittimazione del commercio del
sesso" (in Isnenghi-Rochat cit.)
La trasformazione
sociale a causa della guerra ha favorito la modifica della struttura
tradizionale della famiglia patriarcale; in molti paesi l’emancipazione
femminile fece ampi progressi fino a raggiungere il diritto di voto: in
Inghilterra, Germania, Stati Uniti poco dopo la fine del conflitto. Mentre in
Italia sarà un traguardo più a lungo sofferto.
A
ricordare che la storia non segue un percorso di ininterrotto progresso, alla
fine della guerra, la crisi economica e i problemi legati alla smobilitazione,
alla riconversione industriale, a quello dei reduci, reclamarono il
ristabilimento delle precedenti condizioni e il ritorno delle donne al
focolare. Le associazioni di ex combattenti rivendicarono i loro diritti al
lavoro chiedendo il licenziamento delle donne, dagli uffici soprattutto dove si
ambiva ad essere integrati.
Ma, la storia non si
ripete identica a se stessa e l'emancipazione femminile seguirà comunque il suo
percorso nonostante le difficoltà che si presenteranno.
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