Le elezioni amministrative del
7 novembre 1920 a Livorno
Alla fine della prima guerra
mondiale l’Italia precipita in una grave crisi economico – sociale; i problemi
legati alla smobilitazione che aveva determinato un rapido aumento dei
disoccupati, quelli relativi alla svalutazione monetaria che aveva portato ad
un generale aumento dei prezzi, furono alla base delle ribellioni popolari. In
più la suggestione delle idee portate dalla rivoluzione russa aveva diffuso tra
le masse popolari la speranza nella emancipazione dalla povertà.
Nel 1919 si intensificano le lotte operaie e
contadine. E a Livorno, città conosciuta dalle autorità come “sovversiva”, dove lavorano ventimila operai
con una Camera del lavoro presente con la sua organizzazione nei massimi
stabilimenti , con un forte partito socialista e un partito di anarchici diffuso nei sobborghi e
pronto alla lotta, furono adottate particolari misure di controllo in difesa
dell’ordine pubblico.
All’inizio dell’estate
scoppiavano i moti contro il carovita con saccheggi nei negozi e accuse ai
bottegai di occultare le merci per speculare sulla fame del popolo; si apriva
un periodo spontaneo di ribellione passato alla storia come “biennio rosso”. A
Livorno furono prese misure perché l’organico delle forze di polizia fosse
mantenuto al completo in modo da fronteggiare gli scioperi previsti nel mese di
luglio. Contemporaneamente si formavano alleanze per contrastare i
movimenti popolari. Già nel gennaio del
1919 si costituiva un primo nucleo organizzativo formato in particolare da ex
combattenti sotto la guida di Arturo Torelli sottotenente degli Arditi e
di Alessandro Burnside tenente di
fanteria, che diventerà segretario politico dei fasci di combattimento di Livorno.
Il 10 marzo del 1919 si riunivano invece in un magazzino di proprietà
dell’onorevole Salvatore Orlando una settantina di liberali e un’altra ventina
di persone che costituivano una nuova formazione: il “Fascio Liberale”;
presiedeva l’adunanza il prof. Targioni Tozzetti che si appellava all’impegno dei
reduci dalle trincee.
Alla fine del 1919 si verificò
una evoluzione dal punto di vista strettamente sindacale con il cementarsi di
più stretti legami tra le diverse categorie dei lavoratori. Nel dicembre, in
seguito al licenziamento di tre impiegati al cantiere navale, ci fu per la
prima volta uno sciopero del personale impiegatizio e tecnico, da mettersi in
relazione al maggior potere che il partito socialista aveva assunto nella
categoria. Le elezioni amministrative
del 1920 si svolsero in un clima di fermento e ribellione, tra manifestazioni
di piazza e scioperi di varie categorie; da gennaio si susseguirono quello dei
postelegrafonici, le agitazioni dei
tranvieri, dei ferrovieri, degli edili, dei barbieri, dei tipografi, dei
portuali.
Le elezioni amministrative del 7
novembre del 1920 confermarono il successo che i socialisti avevano ottenuto
l’anno prima nelle politiche, mentre risultarono perdenti le istanze delle
forze antisocialiste riunite nella “Unione Democratica”.
La vittoria del Partito
Socialista fu salutata dalla città operaia con un corteo numeroso che sfilò il
giorno dopo per le vie del centro, passando da piazza Vittorio Emanuele, gli scali Cialdini, fra due ali di popolo al
canto di Bandiera Rossa, dell’Inno dei lavoratori e dell’Internazionale.
Ma quello che sembrava il cammino
inarrestabile della storia nel segno del progresso e dell’umanità sarebbe stato
presto interrotto, e già il 10 novembre si verificò il primo tentativo di
rovesciare con la forza l’amministrazione appena eletta.
Paola Ceccotti
Nessun commento:
Posta un commento